mercoledì 30 settembre 2015

versione originale di Risveglio, due racconti a confronto

Due racconti a confronto, due facce della stessa medaglia. Questo il racconto originale, che inizialmente non avevo avuto coraggio di condividere perché troppo personale. Eccovelo qui. Voi quale versione preferite? vi allego tutti e due i link


https://www.wattpad.com/story/50885983-risveglio-un-altro-punto-di-vista

https://www.wattpad.com/story/48962273-risveglio



martedì 29 settembre 2015

recensione di carne, di miele

Titolo: Di carne, di miele

Autore: Giorgia Bianchin
Formato: Copertina flessibile:
·        Lunghezza stampa: 110 pagine
·        Editore: Sillabe di Sale (18 maggio 2015)
Prezzo: 14€



L’AUTORE:
Nata a Treviso nel 1984 comincia a scrivere componimenti poetici in giovane età. Ha pubblicato nel
2009 nell'antologia poetica di autori contemporanei “Navigando nelle parole”. Insegna a cucinare in modo salutare agli adulti e a crescere sorridenti ai piccoli. Al momento è ancora alla ricerca di cosa sarà da grande.

Sinossi:Sara. Lara. Due vite e due età diverse. Un ospedale psichiatrico e un viaggio a Barcellona. Due sogni, due realtà in tempi lontani tra loro. Il gusto del cioccolato, il profumo del miele e l'ossessione delle tre e ventitré. Sara tenta il suicidio per l'ennesima volta ritrovandosi in una clinica psichiatrica per la riabilitazione, la sua terapia dovrebbe durare solo un mese. Quel mese però si trasforma in anni. Un amore tormentato con Vittorio, un ragazzo gentile e stravagante che colpisce subito Sara e la sua voglia di normalità. Un amore però che non può essere vissuto all'interno di una struttura dalle regole rigide. Non si può fuggire dal quella villa dal parco infinito. Invalicabile il muro di cinta fino al giorno in cui Sara scopre di essere incinta. Quella barriera allora si trasforma in un piccolo gradino verso la libertà. Preparano la fuga lei e Vittorio da quell'ospedale psichiatrico dove sai quando entri, ma non si sa come e quando ne uscirai. Nonostante sembri andare tutto liscio Sara e Vittorio si ritrovano di nuovo chiusi tra quelle pareti verdi. Quel colore ripetuto ossessivamente in ogni stanza che oramai non mette più tranquillità. Lara è giovane e la sua mente vola veloce. Ama fotografare e mangiare cioccolato. Ha un sogno Lara, aprire un negozio di cioccolatini. L'esame di maturità le concede un viaggio a Barcellona con la sorella gemella. Un amore grande quello tra due sorelle dal carattere opposto. Contro ogni previsione e volontà di due genitori che vedono per le loro figlie un futuro tra università e posti di lavoro fissi, Lara non tornerà da quel viaggio. Ospitata da amici di famiglia troverà la sua strada tra il calore e la bellezza di Barcellona. Federico resterà al suo fianco fino al giorno dell'apertura del tanto desiderato negozio. Una piccola bottega di bottoni che verrà trasformata in un atelier dal profumo dolce e colorato del cioccolato. Una vita perfetta e un finale degno della più bella storia d'amore. Questa però non è la vera storia di Lara. La verità su cosa sia quel viaggio e su cosa veramente succede in quell'ospedale psichiatrico esce dalla bocca di Sara. Un ritorno folgorante alla obbiettiva e brutale realtà. Un macabro delitto dove le due protagoniste si incontrano, si annusano, si stringono, si respirano per l'ultima volta. Una fossa dove il profumo del miele rimane l'unico ricordo intatto. Un crimine che viene letto sui giornali di mezzo mondo e dimenticato in fretta da ogni mente. Anche in quella di Sara.


RECENSIONE:
Questa è la storia di due ragazze, due vite diverse, due amori che si assomigliano nel loro nascere, per quanto diversi: primi sguardi, primi palpiti di cuore.
Devo dire la verità, per le prime 50 pagine ho preferito di gran lunga la storia di Sara a quella di Lara: scorrevo veloce le frasi per poter arrivare al capitolo successivo, quello che narrava la sua storia, poi pian piano entrambe le vicende mi hanno afferrato e trascinato curiosa verso il finale.
Due storie parallele dunque, ma è davvero quel che sembra? A metà lettura mi sono iniziati a venire dei dubbi, sempre più insistenti verso la fine. Una storia dolce e amara, tenera e dura al contempo.
Pian piano sono arrivata alla consapevolezza che nulla era quel che sembrava: le due storie non erano solo parallele, s’intrecciavano in modo indissolubile portando a galla un’altra realtà.
L’autrice è stata davvero brava a delineare la trama e pur amando i gialli e essendo abituata a scoprire i misteri celati dietro le vicende, non avevo capito tutto.
Ho divorato gli ultimi capitoli in un soffio e sono arrivata con le lacrime agli occhi al finale, che mi ha colpito come un pugno in viso.
A tal proposito avrei forse voluto un po’ più pagine dedicate al finale. Sono stata scaraventata nella dura realtà e sono rimasta a fissare il muro, cercando di convincermi che davvero non c’erano altre pagine, non c’era un epilogo: dovevo abbandonare questo libro e non ero pronta.

Altro piccolo appunto: in alcuni punti si corre troppo, le scene di sesso per esempio non sono descritte, non parlo di entrare o meno nel dettaglio, quello sta nello stile e nella tipologia del romanzo; qui sono quasi saltate a piè pari. Il lettore si sente catapultato dall’atmosfera sensuale e romantica alla scena successiva, così, in un batter d’ali e rimane un po’ male. Una volta arrivata alla fine posso anche aver capito il perché di tale scelta, ma lo stesso io avrei dedicato qualche riga in più a quei momenti.
Per quanto riguarda la forma e la struttura il testo è davvero ben scritto, la vicenda scorre veloce, in un linguaggio semplice e diretto.
Mi voglio soffermare un attimo sulla cover:dopo aver letto il libro ho consigliato all’autrice di cercare una copertina più adatta: secondo me quella attuale non rappresenta minimamente la storia narrata.

GIUDIZIO COMPLESSIVO:


Lettura piacevole, ma non mettetevi troppo comodi: non è il solito romanzo rosa in cui le vicende scorrono più o meno pacatamente, il colpo di scena è in agguato…
Consigliato.



mercoledì 23 settembre 2015

recensione A un passo dalla vita



Titolo: A un passo dalla vita
·        Autore: Thomas Melis
·        Formato: Formato Kindle e cartacceo
·        Lunghezza stampa: 324
·        Editore: Lettere Animate Editore
Prezzo: 1,99 ebook, 20 € cartaceo




L’AUTORE:



Thomas Melis è nato a Tortolì, in Sardegna, nel 1980. Ha studiato presso le Università di Firenze e Bologna.Nella vita si occupa di progettazione su fondi comunitari e consulenza aziendale per lo sviluppo. Ha collaborato con diverse riviste online, dedicandosi alle analisi degli scenari internazionali e della politica interna.  “A un passo dalla vita” è il suo romanzo d’esordio, pubblicato da Lettere Animate Editore.


Sinossi
È una Firenze fredda, notturna e mai nominata quella che fa da palcoscenico alla storia di Calisto e dei suoi sodali, il Secco e Tamagotchi. La città è segnata dalla crisi globale, dietro l’opulenza pattinata del glorioso centro storico si nasconde la miseria dei quartieri periferici. Calisto è intelligente, ambizioso, arriva dal Meridione con un piano in mente e non ha intenzione di trasformarsi in una statistica sul mondo del precariato. Vuole tutto: tutto quello che la vita può offrire. Vuole lasciarsi alle spalle lo squallore della periferia – gli spacciatori albanesi, la prostituzione, il degrado, i rave illegali –, per conquistare lo scintillio delle bottiglie di champagne che innaffiano i privè del Nabucco e del Platinum, i due locali fashion più in voga della città. Calisto vuole tutto e sa come vincere la partita: diventando un pezzo da novanta del narcotraffico.
Cupamente, nella rappresentazione di un dramma collettivo della “generazione perduta”, schiava di un sistema socioeconomico degenere e illusa dalle favole di una televisione grottesca, si snoda questa storia di ingiustizie e tradimenti, ma anche di amicizie e amori forti tragicamente condannati. Perché il male non arriva mai per caso e la vita non dimentica mai nulla, non perdona mai nessuno.


RECENSIONE:

Avevo sempre rimandato la lettura di questo libro, seppur del mio genere preferito, mi sembrava così lontano dalle tematiche che più amo. Mi sbagliavo: dal momento in cui ho fatto scorrere le pagine davanti ai miei occhi non ho potuto far a meno di andare avanti, e avanti. La storia non cade nei soliti cliché : Calisto non è il poveraccio che deve darsi da fare in modo disonesto per campare, non è neanche il riccone che ruba per sfregio ai genitori troppo occupati per lui, non è neanche un disadattato o con problemi mentali, è un ‘furbo’ uno che sa che si può ottenere un ottimo risultato senza sforzi, percorrendo le vie dell’illegalità. Studente di economia di 27 anni si è trasferito a Firenze per studiare, ma ha presto deciso che era più semplice e proficuo fare sodi veloci. Lo fa semplicemente perché così è più facile e questo mi ha fatto affezionare a lui, perché personaggio VERO nella sua imperfezione.
L’ambientazione italiana rende tutto più ’reale’ più vivo. Calisto è un personaggio che si fa amare con tutti i suoi difetti, errori e debolezze. È un personaggio che ti entra nel cuore con prepotenza e non se ne vuole staccare più. La sua vicenda è attuale e realistica: un giovane che si ribella alla dura realtà, al tirare a campare, alla lotta continua per andare avanti, trova la via facile, la scappatoia che porta dritta al successo.
Calisto rispecchia una realtà ormai ben nota ai giorni nostri: quella di voler ‘arrivare’ subito e a qualunque costo, senza sacrifici, senza guadagnarsi i risultati con l’impegno. Una strada da ‘furbi’ in un mondo di furbi. Percorrendo questa strada Calisto arriverà al punto di dover scegliere cosa fare della sua vita, scegliere da che parte stare.
Inizialmente il protagonista sembra privo di una moralità, glaciale e senz’anima, ma a mano a mano ci sarà un cambiamento di rotta, grazie a Holli, una sorta di grillo parlante in versione femminile, che porterà alla luce una parte più umana di Calisto, che sembra pian piano iniziare a ragionare ‘per il verso giusto’.
Holli a esser sincera non è riuscita davvero a far breccia nel mio cuore come Calisto, pur essendo un personaggio ben strutturato e studiato (come tutti gli altri che girano intorno al nostro ‘eroe’), ma forse questo è dovuto al fatto che il vero protagonista è solo uno e gli altri rimangono un po’ da sfondo, almeno nel mio cuore. È la storia di Calisto, i riflettori sono puntati su lui e il suo cammino. Un cammino durante il quale non si cade mai nel perbenismo, nel moralismo, nel facile pietismo. È un libro crudo, duro per certi versi, ma proprio per questo più vivo e di facile empatia.
Ho amato molto le conversazioni, davvero realistiche, soprattutto quelle tra Calisto e Holli, che vedono il mondo in maniera così diversa eppure trovano un punto d’incontro.

Anche la scelta di scrivere il parlato nei vari dialetti permette al lettore di immaginare le scene come fossero in un film o raccontate da un amico. Il risvolto della medaglia c’è in questo caso: alcune frasi non le ho capite appieno per la mancanza di conoscenza del dialetto.  
Il modo di scrivere è quello che piace a me: veloce, semplice e diretto. Le descrizioni sono molto dettagliate, ci si sente sempre immersi al cento per cento nell’ambientazione della vicenda. Il linguaggio è quello della vita quotidiana, spesso forte e dalle espressioni colorite, senza eccedere nella volgarità.
 L’autore ha saputo dosare tutto alla perfezione, ogni vocabolo è messo al posto giusto, ogni cosa perfettamente studiata, con il risultato di riuscire a catturare il lettore a ogni singola riga letta. I vicoli di Firenze scorrono sotto la pelle e sembra quasi di vedere i locali affollati, la vita pullulante, ma anche ragazzotti con le tasche piene di soldi che sbandano camminando per il troppo bere o per essere strafatti.



GIUDIZIO COMPLESSIVO: 


Consigliato anche a chi non ama il genere. Storia attuale e davvero ben scritto!







martedì 8 settembre 2015

amazon review


http://www.amazon.co.uk/Phoenix-Operation-PARROT-Francesca-rossini-ebook/dp/B013CLYB1C/ref=cm_rdp_product


first review of my book about the @ amazon.uk, what joy!


4.0 out of 5 starsGreat story!on 8 September 2015


*** I received this book in exchange for an honest review***


This story didn't let up with the suspense at all! 

A thoroughly good read. The ending left

 me wanting more, needing to know what happens with 

Clay and Leila but otherwise I couldn't put this down. 

The amount of detail the author put into descriptions of 

surroundings made me feel like I was really there. 

It held my interest all the way through and

 I definitely recommend it.

lunedì 7 settembre 2015

Nuova uscita per Daniela Ruggero : Poison

Eccomi qui oggi a fare un enorme in bocca al lupo a questa autrice, che dopo averci regalato la serie 'I guardiani degli Inferi', edita da Lettere Animate, è pronta a stupirci con questo nuovo romanzo dal titolo accattivante: Poison.

Sinossi

Sara è una ragazza semplice, dal viso pulito e dal sorriso gentile. La sua vita è stata segnata da un'infanzia dolorosa. Andrea è il rampollo di una famiglia ricca e potente, tradito dal suo più grande amore chiude le porte della sua anima trasformandosi in un cinico maniaco del controllo.
Il destino li unisce in un incontro casuale e sfuggente. I loro sguardi si incrociano e da quel momento nulla sarà più come prima. Nell'intensità di una storia dettata dal possesso e dalla passione portata al limite, Sarah e Andrea condivideranno le vite, mescolando il dolore dal loro passato alla speranza per il futuro. Ma può un cuore traboccante di rabbia ritronare ad amare?

Amazon

kobo


Ecco qualche assaggio per entrare nell'atmosfera del libro....








Mi aspetto un romanzo che faccia scintille!!

Io l'ho appena acquistato e voi cosa aspettate?

Qui tutti i lavori dell'autrice:

http://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss_2?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Ddigital-text&field-keywords=Daniela+Ruggero

venerdì 4 settembre 2015

risveglio...

Come avevo detto: riprendo con la scrittura.
Un racconto particolare su wattpad, che uscirà in due versioni completamente diverse.
Se vi piace andatelo a votare ;-)

https://www.wattpad.com/164369933-risveglio-parte-1-senza-titolo/page/4



Stesa sul nudo acciaio, tremo, ma non di freddo. Dalla grossa lampada intrisa di cacche di mosche e sangue d’insetti spiaccicati, vedo il mio corpo nudo, fragile, con gambe e braccia divaricate e fissate con delle cinghie. La mia femminilità mortificata, infangata dalla brutalità e dal dolore. Nessun pudore, sono un pezzo di carne steso lì sul bancone, pronto ad essere violato.Una musica allegra di sottofondo stride in modo quasi ridicolo con il mio stato d’animo.In bocca l’amaro del terrore, nella testa la confusione delle droghe che iniziano a fare effetto.Gli occhi si rifiutano di stare fissi e m’innervosisco. Vorrei continuare a guardare il mio riflesso sul metallo della lampada, ma sento scivolare lateralmente la pupilla, inesorabile movimento oscillatorio che mi fa impazzire. La stanza illuminata a neon balla insieme ai miei occhi ingovernabili. Attrezzi da meccanico si alternano a quelli da chirurgo. Sudiciume e pulizia ad aree, compartimenti ben organizzati dalla mente feroce e razionale, che è padrona di quel che resta di me.La musica continua e lo sento canticchiare.Il mio carnefice, il volto coperto tranne gli occhi, occhi gelidi, chiari, che sembrano trapassarmi senza guardarmi veramente. Questo mi ferisce più di ogni cosa:Per lui non sono nessuno. Solo un numero nel suo lungo elenco di vittime, solo un mezzo, non il fine.Canticchia e fischietta mentre prepara gli strumenti e controlla la flebo che ticchetta veloce, troppo veloce. Sento una sensazione di freddo al braccio dove il liquido penetra inesorabile. TIC, TIC, TIC, cerco di fissare le gocce che cadono, ma di nuovo la pupilla scivola di lato. Si ferma sul piattino di strumenti ben allineati, che sembrano fissarmi minacciosi.  Il bancone lucido stride con gli scaffali zeppi di martelli, chiodi e tavole grezze per il fai da te. Poi si rialza di scatto tornando alla lampada. Fisso il mio corpo, il pube rasato mi fa sentire ancora più nuda, sento le lacrime scivolare dai miei occhi impazziti.  Vedo le cicatrici vecchie, rimarginate, accanto a quelle più nuove, ancora gonfie, rosse di disinfettante. È troppo tempo che sono qui. Reprimo il disgusto e cerco di continuare a fissarmi. Tanto per confermare che sono reale. Che non sto sognando. Provo a muovere i piedi legati, vedo le mie dita flettersi, ma la sensazione riportata al mio cervello è solo di un cupo formicolio indistinto. Ho freddo, voglio andare a casa. Come sembra lontana la mia vita, la mia vita di prima. Lo studio, le uscite con le amiche di sempre e poi lui, la mia certezza e la mia felicità. Altre lacrime scivolano solleticandomi il collo, ma naturalmente non posso togliere afferrandole con le dita. Cerco di spostare la testa per schiacciare quelle depositate sulla spalla.«Non ti muovere» la voce atona, sbrigativa, mentre continua a sistemare gli attrezzi. Le mani coperte da sottili guanti di lattice.Non riesco a guardargli il volto, nemmeno quella sottile striscia che si vede dalla fronte all’attaccatura del naso. Il mio essere nuda e legata, in balia di ogni sua volontà, m’impedisce di sorreggere lo sguardo di chi ha in mano la mia vita.La musica termina e l’allegra voce dello speaker è ancor più inappropriata:«Buongiorno! Buon lunedì a tutti, qui è il vostro Mj che vi saluta e vi augura un buon inizio settimana! Lo so che è dura ragazzi, ma diamoci la carica con il prossimo brano prima di leggere le dediche di oggi»“Lunedì…” il pensiero parte a cercare di calcolare il tempo, ma sono troppo confusa, la mente non collabora. Mi arrabbio ancora. “Sta zitto, sta zitto, sta zitto” riesco solo a pensare, mentre un senso di nausea e soffocamento s’impadronisce del mio corpo.Vedo a malapena arrivare la mano al mio braccio. I miei occhi fissano quelle mani guantate, quante volte le ho viste su di me. Il ricordo riporta alla mente le mani, quelle vere, quelle che stanno sotto quella guaina: mani perfette e delicate, di una persona colta, di una persona che non le usa per guadagnarsi il pane. Quante volte ho fantasticato sulla sua vita là fuori, mentre usciva lasciandomi qui sotto a marcire al buio, in compagnia di scarafaggi e qualche topo. In quei minuti eterni, in quelle ore in cui la realtà sembrava così distante sentivo persino la sua mancanza: pregavo che tornasse prima che la solitudine mi strappasse gli ultimi lembi di sanità mentale. Una puntura diretta nel tubicino della flebo. Ancora ghiaccio nelle vene, poi un improvviso calore. Un torpore mi cattura, vorrei addirittura sorridere. Forse dopotutto non sentirò nulla. Succeda quel che succeda, è l’unica cosa che m’interessa ora.«Ciao, buon riposo»Lo sento, o lo immagino dire. E chissà come mi dispiace che la voce non esca per poter rispondere. Sembra una voce dolce ora, la sua, intrisa di passione, nel fervore di quel che sta per fare su di me, con me, a me.Le palpebre si fanno pesanti, vedo la stanza attraverso una stretta fessura: ancora neon, ancora attrezzi, e la porta di metallo dipinto di verde scuro. Conosco ogni crepa di quella vernice, ogni grumo coagulato, creato da una pennellata troppo insistente. Quella porta perennemente scura, che mi mostra solo di rado una fila di gradini di legno scuro, nient’altro. Ora ho sonno, troppo sonno e sono stranamente serena. Sia quel che sia, mi abbandono all’oblio, spero per l’ultima volta.……………………………………Un attimo dopo, un secolo dopo, mi rendo conto di essere sveglia. Non sento dolore, solo un forte senso di oppressione alla gola. Percepisco una disgustosa sensazione mentre mi sfila qualcosa dalla trachea. Improvvisamente l’aria mi manca. Si sentono sonori rantoli, i miei, mentre cerco d’ingoiare aria.
Inutile, sto soffocando.Percepisco la sua presenza. Lo sento trafficare tra gli scaffali.Attimi lunghissimi in cui annaspo, lì immobile mentre l’aria rifiuta di dissetare la mia richiesta di vita.Finalmente mi mette qualcosa sul naso e la bocca. Istantaneo sollievo. Respiro, tossisco, ma sono viva. Tracanno avidamente aria dalla mascherina riprendendo, ancora una volta, quella vita da cui non riesco a staccarmi.Sento delle voci, non solo la sua, ma molte voci che mi chiamano, sono vicine, sono proprio sopra di me e l’unica cosa che penso è:«Perché non mi lasciano dormire in pace?»«Anna? Anna!» inizia a chiamarmi sovrastando le altre voci eteree.“Voglio dormire, uccidimi, uccidimi per favore” penso stremata. Vorrei chiederglielo, supplicarlo, magari mi ascolterà. Ma scopro che non riesco proprio ad aprire gli occhi, sono incollati, restano lì, pesanti come macigni.«Non si sveglia» la sua voce, per la prima volta concitata. Percepisco una nota di preoccupazione.Poi inizia: un intenso prurito al mio sopracciglio destro. Alzo la mano per grattarmi, no, credo di alzarla, ma non ottengo nessun risultato: non si muove e non è per i lacci. La frustrazione mi afferra e cerco di dimenarmi. Nulla.«Anna!!!» la voce grida e sento un ceffone, poi un altro. Ma non fa male, solo un lieve formicolio.“Ho sonno” penso, volendogli gridare di smetterla, di lasciarmi morire.Poi una frase, la consapevolezza del rischio, qualcosa di arcaico che mi trattiene alla vita, ad ogni costo«Non ce la fa, non si sveglia!»Qualcosa scatta nella mia mente, sento il panico nella sua voce. Assurdità di una situazione senza via di scampo. Ma ormai mi è familiare: lui mi vuole far male, assaporare il mio sangue, ma in un certo senso mi ama, non vuole rinunciare a me, non ancora.
L’istinto di sopravvivenza decide per me di dare un segnale: sono viva, lo sento, sono proprio lì, solo che non posso muovermi, e quell’assurdo prurito mi tormenta. Forse quello più di tutti mi spinge a comunicargli che non ho mollato, non ancora.Trasmetto tutta la forza della rabbia alle gambe e provo a muovere, piano, piano sento sollevare un piede, batte, poi l’altro, batte.«Anna!» ancora schiaffi.Gli occhi aprono una fessura, ma è difficilissimo tenerla aperta.«Ecco, si sveglia!» Ancora quel tono pieno di emozioni. «Brava, bene» dice a me, quasi con affetto.Non vedo più lui, l’assassino, il brutale animale con gli occhi di ghiaccio. Vedo l’altro lui, l’ingegnere, l’avvocato, forse medico, la persona normale che è al di fuori di questa stanza. Mi accarezza la guancia, poi si allontana un attimo.Piano, a rallentatore, alzo la spalla per grattare quel maledetto prurito. Ecco, ci sono quasi, mancano pochi centimetri.«Ferma, non muoverti!» Di nuovo il ringhio rabbioso, la sua voce di sempre.Mi rimette giù la mano e provo odio per lui e per la sua ingannevole gentilezza di poco prima. Chiudo ancora gli occhi. Vorrei dormire e dimenticare tutto, vorrei morire finalmente.«Come ti chiami?» mi spiazza.Penso che ormai il suo cervello deve essere andato in pappa.«Mi dici come ti chiami?» Insiste la voce, si sta arrabbiando e non è un bene.Riapro gli occhi a fatica lo guardo, con lo sguardo più truce che ho, che spero di avere:«A-a…A....» esce una voce roca e stonata dalla mia bocca, e ne ho orrore. Cosa mi ha fatto stavolta?«Bene, può bastare» poi si volta e scrive sul suo taccuino, sorride, sembra sereno. Ha ottenuto quel che voleva, anche stavolta.
È tutto finito, almeno per ora, tra poco sarò sola nella mia cella. Tra poco tornerò alla vita e dovrò essere coraggiosa, perché gli attimi non passeranno mai, perché potrò solo sperare che arrivi la prossima volta e che sia l’ultima.Lo vedo drizzare le spalle prima ancora di percepire il suono. Non lo si sente quasi mai quaggiù: sembra il campanello.Mi fissa e quasi provo pena per lo sguardo terrorizzato che vedo spuntare dalla mascherina chirurgica.Si strappa via camice e cuffia.
Afferra un rotolo di garza e me lo passa frenetico intorno al capo avvolgendomi la bocca, stretta. Ma tanto è inutile, non riuscirei mai ad urlare, non ora.Ora non vedo l’ora che si allontani per poter dormire. Non mi importa del campanello, non m’interessa illudermi, non più. Voglio solo dormire.Ripenso alle prime volte, quando a quel suono si accendeva la mia speranza, quando provavo ad urlare a squarciagola, la prima volta avevo afferrato il secchio per i bisogni scagliandolo ripetutamente sulla porta della minuscola cella. Era prima che decidesse di incatenarmi, prima che iniziasse a torturarmi, prima che fossi costretta ad un letto. Ripenso a quei tempi come un secolo fa. La mia sciocca speranza continuava a ripetermi: “la polizia verrà, lo scopriranno, lo arresteranno, non può farla franca”. Povera illusa, lui è troppo furbo, troppo cauto, troppo dannatamente in gamba per tutti loro là fuori.Poi c’era stata l’altra fase, quella in cui l’altra ancor più sciocca parte della mia mente, si era messa in testa di credere alle sue carezze, di credere che se l’avessi assecondato mi avrebbe scelta, l’avrei potuto redimere e saremmo potuti essere felici. Sento le gote riscaldarsi a quell’infantile pensiero. Il mostro affascinante e l’ingenua sfregiata, saremmo stati davvero una bella coppia, bella davvero!Esce, senza fretta, sento i suoi passi rimbombare per le scale. Poi silenzio. Sorrido, ma il mio sorriso muore in una smorfia di dolore. Un dolore sordo e soffocante, che m’impedisce di deglutire. È al collo, proprio alla base. Mi domando quale altra parte di me si sia portato via stavolta.……………..Oblio senza sogni, sembra di aver dormito secoli, galleggio in un mare nero, sudo ma ho freddo.Qualcosa mi ha svegliato. Rumori. Sopra la mia testa, mobili che si spostano. Grida. D’improvviso sono perfettamente sveglia, il mio cervello galoppa: ha trovato un’altra vittima? Un’altra sprovveduta come me?Un’altra povera cretina che chiede di poter telefonare perché il cellulare non ha campo ed è rimasta senza benzina? Una povera illusa, sicura di sé solo per il fatto di trovarsi in una zona residenziale, di quelle lussuose e non nel bosco del lupo cattivo. E invece il lupo cattivo l’attendeva nella sua casa dorata, con quei quadri lussuosi e tutto quel bianco candido di pareti e divani in pelle.Sento una strana sensazione di giubilo, sono felice che qualcun'altra ci sia cascata, non vedo l’ora di urlarle contro: “brutta scema! Ti sei fatta fregare, ben ti sta!” Ma a questa sensazione un’altra si aggiunge, uno strano rimescolio delle budella: non voglio qualcun altro qui con me. E se lui si stancasse e preferisse lei? Questo pensiero mi agghiaccia più di ogni altro.Il rumore si fa più intenso, forse la porterà qui sotto. Forse invece toccherà a lei e io sarò libera, libera di dormire, per sempre senza più paura, senza più dolore.La porta si spalanca con un colpo secco. È un uomo. Resta immobile, bocca aperta e pistola spianata.«Non ci credo» dice facendosi da parte, mentre un suo collega si fa strada passandogli accanto. Viene da me, cerca di sorridere, ma il volto cinereo mostra tutto l’orrore di fronte al mio essere. Stupidamente mi vergogno. Della mia nudità, del mio dolore, del mio corpo martoriato, dell’odore che esso esala. Vorrei che se ne andassero, sparissero e mi lasciassero morire. Piango e la mia voce è roca, maschile, stonata. Piango e mi chiedo che fine abbia fatto lui. Provo la sensazione di lacerazione e distacco. Vorrei che tornasse da me, vorrei rivedere i suoi occhi di ghiaccio. Devo essere pazza, pazza come lui.
Sento che liberano i miei arti intorpiditi, mi avvolgono in un lenzuolo, ma mi lasciano lì.«Un’ambulanza, subito» riesce a riprendersi il primo, parlando alla radio.L’altro mi toglie le bende dalla bocca, mi prende la mano e sorride, questa volta di un sorriso più sincero:«Ce la farai tesoro, ora ci siamo noi»Non rispondo, penso alla mia vita fuori, come potrò cavarmela ora? Come potrò riavere quel che mi è stato tolto? Alzo gli occhi alla lampada. Il mio corpo nascosto dal lenzuolo mi conforta. Una nuova cicatrice, gialla alla base del collo. Il volto completamente arancione di disinfettante mi fa sembrare un’aliena. Distolgo lo sguardo e incontro quello del mio salvatore, che continua ad accarezzarmi la mano, calmo, sorridente. Sorrido anch’io mentre l’ululato dei medici in arrivo segna la parola fine su questa mia storia. Non la fine che mi aspettavo, non quella che osavo sperare, non quella che avevo supplicato negli ultimi giorni.Una fine che ha legata a sé la parola inizio.



mercoledì 2 settembre 2015

piccole riflessioni personali..

Eccomi qui a usare il mio blog come momento di sfogo personale. Mi sono trovata  stanotte a riflettere un po' sulle mie esperienze recenti, non solo da 'scrittrice' o scribacchina, ma da blogger e da turista. Sì avete letto bene, metto tutto nel calderone perché tutto fa esperienza.
Potrei riassumere quel che voglio dire in una parola, forse due: egoismo e malignità.
Inizio dalla più generica delle riflessioni, ma che le raccoglie tutte:

Vado in vacanza con mio marito e le mie due bimbe , mi diverto, mi rilasso ma...non posso fare a meno di notarlo e indignarmi: gente che scavalca pesantemente il mio passeggino in fila per saltare dei posti, con il rischio di inciampare e cadere su mia figlia, gente che ti spintona per entrare in autobus o in ascensore, lamentandosi anche : " che palle questi passeggini!" gente che si mette a litigare per un posto al tavolo di un ristorante. 

Egoismo, menefreghismo, nessuna empatia per gli altri. Tutto questo si traspone nel nostro piccolo mondo di scrittori e blogger:
 autori che criticano la pagliuzza nell'occhio dell'altro, senza notare la trave nel loro. Autori self che sparlano di quelli che pubblicano con le piccole case editrici, cercando in ogni modo di screditarli, autori di CE che invece descrivono il self publishing come fosse l'ultima spiaggia, il ritrovo degli sfigati. Ma dite davvero? Non capite che stiamo tutti nella stessa barca?
Blogger che si sentono onnipotenti e si arrogano il diritto di fare allusioni su cose che non conoscono, di contro blogger che vengono presi d'assalto con pretese assurde da parte di autori invadenti e arroganti.
Potrei andare avanti ancora a lungo, ma credo di aver reso il quadro. Ora la mia riflessione è: a che pro? perché tutta questa cattiveria? perché questo essere soddisfatti nel vedere gli altri sprofondare?
Io sono un'autrice, ma anche una blogger, cerco sempre di proporre il mio romanzo con discrezione e umiltà, di contro cerco di recensire con la massima onestà; se un collega ha successo gioisco, che sia self o con CE, non vado a pensare ci sia qualche trucchetto sotto o chissà quale congiura.
 Ho pubblicato a novembre ma mi sembra di essere invecchiata nel tragitto, ho visto quasi ogni cosa: da recensioni fatte per ripicca a personaggi ambigui che ti offrono editing, promozione o quant'altro a pagamento, blogger accaniti contro i self e blogger accaniti contro gli autori di piccole case editrici, anche blogger accaniti in generale contro gli autori ( e dico io, che lo apri a fare un blog letterario?). 

Oggi sono disillusa, più realista, un po' meno ingenua, ma vado avanti per la mia strada rincorrendo i miei sogni . Decisa a tagliare i rami secchi e circondarmi di persone positive, che come me hanno entusiasmo di andare avanti , lasciando indietro chi pensa sempre male e chi ha il cuore scuro.


Dopo questi farfugliamenti pomeridiani mi metto a scrivere, perché è quello che conta davvero: fare qualcosa che ci rende felici, ma spesso persi nei tortuosi sentieri dell'editoria ce ne dimentichiamo.