giovedì 5 marzo 2015

FINALE JONAS




Qualcosa lo fece svegliare, la riconobbe ancor prima di aprire gli occhi: era la sua mano poggiata sulla guancia. Non seppe reprimere un sorriso. Lo fissava seria, Jonas temette una sfuriata. Ritrasse la mano, ma lentamente, fissandolo.
“Mi dispiace” disse semplicemente. “Non sono sempre stato così stronzo vero?”
Finalmente lei sorrise, scosse la testa e Jonas notò che piangeva. Gli si buttò al petto e prima che potesse formulare un qualsiasi pensiero coerente lo baciò. In un attimo milioni di momenti come quello, eppure diversi, affollarono la sua mente. Baci della donna che aveva amato e perduto, sensazioni che aveva creduto perse e che ora vorticavano nel suo animo spezzettato.
L’amò con tutta la passione di una prima volta, ma con la consapevolezza e la disperazione di un’ultima.
“Non ricordo ancora tutto, ma so che ti amavo, e che provo ancora qualcosa di indelebile per te Emma” le disse più tardi, i loro corpi abbracciati in quello sgabuzzino, come clandestini.
“Lo so” commentò lei sfiorandolo di piccoli baci sul petto.
“Devo andare alla Braintec, lì ci sono le risposte” disse poi riscuotendosi e alzandosi di scatto.
“Ho qualcosa per te, qualcosa che volevo darti quando fossi tornato in te stesso”
“Non sono ancora me stesso, non del tutto”
“Lo sei molto più che negli ultimi mesi prima dell’incidente” sorrise lei alzandosi a sua volta.
Posò ancora lo sguardo avido sul suo corpo perfetto, ricordandosi solo allora delle sue gambe sintetiche. Si sbrigò a coprirsi, ma lei lo fermò.
“Nathan?”
Lui la guardò imbronciato.
“È stato bello” disse arrossendo lievemente.
Il suo sorriso rischiarò il suo umore.
“Ecco” gli porse una valigetta. Lui l’aprì evi trovò un dispositivo di memoria esterna.
“È tuo, te lo avrei dato, ma non eri pronto”
Posizionò i sensori alle tempie e si preparò a cercare qualcosa d’interessante tra i dati. Aprì la mail che aveva dimenticato di avere. Ce ne era una che attirò lo sguardo: era datata 1/9/2090 Alla stessa ora dell’incidente. Era della dottoressa Hors. Una cartina. La braintec aveva tre laboratori clandestini, poi c’erano le abitazioni del proprietario. Cinque: tre in città, una a Newmiami e l’ultima a Coldlake. Nessun testo.
Attivò istantaneamente la chiamata: “Hors ti passo a prendere tra due minuti, se c’è ancora speranza che sia viva so dove trovarla”.
Non aveva altre possibilità, se avesse fallito avrebbero diramato l’allarme e fatto sparire la Hors, sempre che fosse ancora viva
 ……
coldlake era silenzioso e isolato, i tre avanzavano, pistola alla mano tra fitte canne. Gli occhiali termici rivelarono la presenza di un unico uomo. Dopo tutto quel tempo i controlli erano scemati, cercò di convincersi Jonas. Sperò con tutto se stesso che il motivo non fosse il più ovvio: non c’era più nulla da controllare.
“Andiamo!”
Fecero irruzione: un ubriacone, una dottoressa e un invalido. L’uomo fu atterrato immediatamente dal colpo preciso dell’agente anziano, che sembrava ringiovanito.
Perquisirono la casupola, nulla, Jonas stava per dichiararsi sconfitto quando udì leggeri colpi sotto di lui. Percorse avanti e indietro il pavimento di legno, poi iniziò a dare colpi con il piede: “qui!” si accucciò e tirò fuori una lama laser, di quelle per il campeggio. Un attimo dopo la vecchia botola scattò e una luce artificiale illuminò il suo volto. Scesero e si trovarono in un laboratorio lindo, moderno e quasi accogliente. Hors crollò in ginocchio piangendo di gioia, mente la figlia lo abbracciava tra i singhiozzi. Jonas sentì il sangue colare dalle narici. Si sedette su un divanetto e aspettò che i giramenti di testa passassero.
La ragazza lo guardò riprendendosi subito:
“Non pensavo fossi ancora vivo, hai il chip?”
“No, me lo hanno tolto, ma non ricordo nulla e non mi sento molto in forma a dire il vero” come in risposta alle sue stesse parole vomitò.
“È colpa mia, gli ho inserito i mei ricordi per smuovere la memoria ed arrivare a te” piangeva ancora, come un bambino.
“Il chip corrode lentamente l’amigdala e parti delle aree associative del lobo temporale, l’idea era che si sostituisse ad esse per incrementare la capienza dei ricordi. Ma pare che il cervello si difenda rigettandoli”
“Ma io non ho più il chip”
Emma gli tamponava il naso, preoccupata.
“Andiamocene, prima che scatti qualche sistema di allarme, riuscì a dire Jonas, si alzò barcollando e seguì gli altri.
…..
Aprì gli occhi, ancora l’ospedale, ma sorrise vedendo lei al suo fianco.
 “Sembra che il chip abbia corroso anche l’ippocampo e che il processo innescato sia irreversibile: il tuo cervello sta attaccando se stesso” disse.
E Jonas si domandò cosa diavolo ci fosse da sorridere.
“Abbiamo una soluzione” disse finalmente, accarezzandogli la fronte. Lui alzò un sopracciglio in segno di domanda.
“Nostro figlio” disse in un soffio.
Jonas si alzò di scatto:
“Io, io mi dispiace”
“Lo so, l’ho perso dopo il tuo incidente: troppa paura di perderti”
 “Non ti ho chiesto io di abortire?” sembrava liberato di un peso enorme.
Lei scosse il capo, gli occhi lucidi. Non avrei potuto, eri cambiato e mi hai detto che saresti uscito dalla mia vita e dalla sua, per proteggerci. Non sapevi cosa ti sarebbe successo.
La Hors intervenne bruscamente: “Non è un’operazione semplice e dobbiamo tentare prima che la situazione peggiori”
Jonas guardò senza capire.
“L’embrione è conservato, come da procedura standard e ha il 50% del tuo DNA, ed un cervello in forma primitiva, pronto ad adattarsi e crescere legando con il tuo. Avrai ancora infiltrazioni della vita di mio padre e buchi di memoria, ma potrebbe funzionare. Potrai forse riavere i tuoi ricordi, ma soprattutto non rischierai di divenire un vegetale.
Jonas sentì stringere forte la mano e per la prima volta, da quando si era svegliato in quello stesso letto sapeva chi era e cosa voleva, era felice:

“Facciamolo”

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