venerdì 26 dicembre 2014

jonas capitolo 3

Inizia la terapia



“Hai davvero una pessima cera amico!” Il poliziotto lo fissava immobile, braccia conserte e sguardo beffardo.
Jonas si massaggiò le tempie e lo guardò ancora, perché non lo lasciavano in pace? “Fottiti” ringhiò cercando di strapparsi di dosso le mani sintetiche, che gli provocavano un forte ribrezzo.
“Non hai perso il tuo caratteraccio vedo” sorrise l’uomo baffuto, senza scomporsi. “Dottoressa Savini come sta? Ho saputo che fatica a far ragionare questa testa calda”
“Sto bene, porti i miei saluti a Martha”
L’uomo annuì sorridendo. Jonas scosse il capo, possibile che tutti sembravano conoscere tutti lì dentro, mentre lui continuava a rimanere nell’oblio? S’innervosì ancora di più.
“Nathan sta bene, fisicamente si è ripreso alla perfezione, è pronto per l’impianto. Solo, come le avranno detto, ha subito danni alla memoria a lungo termine” rispose la dottoressa e Jonas sentì accapponarsi la pelle a sentirsi chiamare per nome da lei, la fissò cercando di catturare un ricordo, che continuava a sfuggirgli.
“Maledizione!” si lasciò sfuggire il poliziotto “Speravo fossero pettegolezzi. E il chip?”
“Ne parliamo dopo con calma, ora è meglio che il detective inizi le cure”
“Amico, sai chi sono io? E lei?” Si era avvicinato al letto bisbigliando le parole, per non farsi udire dalla dottoressa.
“Crepa! Non sono amico tuo, né di quella lì, certo che lo so chi è: una fottuta dottoressa che vuole mettermi delle gambe meccaniche” alzò la voce, di nuovo furioso: “Sai dove puoi mettertele le gambe di ferro? Lo vuoi sapere? Se vuoi ti aiuto io!” gridò al di là della spalla dell’uomo, rivolto alla dottoressa.
L’uomo scosse il capo, poi puntò uno sguardo desolato in quello della donna, che lo sostenne come poteva, gli occhi lucidi di pianto. ‘Bella professionalità’ pensò disgustato.
“Ed ora fuori tutti, voglio dormire, toglietemi di dosso questi affari, il puzzo dei loro ingranaggi mi dà il voltastomaco!”
D’improvviso la dottoressa si riscosse, corrucciò lo sguardo, si avvicinò al paziente e gli afferrò il braccio bruscamente: “Ora tu vieni con me a fare i test, con le buone o con le cattive. Dovrai stare ancora a lungo qui dentro, vuoi che renda la tua permanenza un inferno? Oppure vuoi stare tranquillo, con un’infermiera umana a disposizione e trattamento di riguardo?”
Jonas la fissò, ancora una volta sentì smuovere qualcosa dentro alla vista di quegli occhi, la studiò alla ricerca della fregatura nascosta, lei sosteneva lo sguardo, sembrava decisa. Sospirò abbassando le spalle, arrendendosi:
“Ok, ok, facciamo questi dannati test in fretta”
Un lampo negli occhi scuri della donna gli fece venir voglia di ritrattare, ma ormai lo avevano spostato in una lettiga e già fluttuava nei corridoi. Si voltò indietro e vide che ancora l’uomo non lo mollava: lo seguiva parlando fitto, fitto con la Savini.
…………….
“Ancora una volta detective, sta andando benissimo” la voce stanca della dottoressa ripeteva per l’ennesima volta gli stessi incoraggiamenti.
Il poliziotto si era preso la testa tra le mani, stanco e frustrato quanto lui.
La dottoressa azionò il macchinario, i sensori sul capo s’illuminarono, la visiera si abbassò sul suo volto.
Il flusso scomposto d’immagini iniziò a comporsi nella sua mente. Ancora il volto scuro di un uomo, che moriva tra le sue braccia, ancora gli occhi scuri della dottoressa, il suo sorriso, le sue mani dalle dita affusolate e le unghie curate. Poi caldo, luce abbagliante, dolore lancinante e rumore di passi numerosi accanto alle sue orecchie, molti passi pesanti che gli passavano intorno senza rallentare. Il dolore aumentò esplodendogli nel cranio. Vide una casa, un mobile bar, tante bottiglie aperte, gambe di donna, nude sul divano, scarpe rosse buttate sul tappeto, il tacco vertiginoso attirò la sua attenzione. Poi buio improvviso, puzza di bruciato, gocciolio di tubature, ancora e ancora a martellare la sua mente devastata.
“Basta, ahhh” gridò ancora, non sostenendo più quella tortura, si strappò dalla testa i cavi. Un bip bip iniziò a suonare, mentre la dottoressa, con un sorriso stentato, si avvicinava ad aiutarlo a rimuovere l’apparecchiatura.
Il poliziotto fissava un monitor, si riscosse e batté il pugno sul tavolo: “Maledizione, sempre le stesse scene, è tutto perso, fottuto, volatilizzato!” si alzò.
“È solo l’inizio, ora iniziamo la terapia farmacologica, aiuterà e faremo sessioni qui giornalmente”
“N-non farò proprio un cazzo, voglio dormire!” si lamentò debolmente Jonas.
“Oh sì che lo farai, prenderai tutte le maledette medicine e farai gli esercizi, verrò ad accertarmene tutti i giorni! è ora che ti svegli Nathan, è in ballo la vita di”
“Ha detto abbastanza!” interruppe la dottoressa alzandosi bruscamente “Eravamo d’accordo: niente imbocchi, niente aiuti, possono solo nuocere” mentre parlava lo condusse fuori poggiando entrambe le mani sui suoi avambracci. L’omone si fece guidare senza lamentarsi, visibilmente abbattuto. Jonas fissò l’immagine bloccata sullo schermo per la prima volta sforzandosi seriamente di ricordare.
Vi ho dato parecchi spunti, qualche informazione deve venir fuori. Volete sapere
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martedì 23 dicembre 2014

Scusate la latitanza degli ultimi giorni e... di quelli a venire: broncopolmonite tutte e due le mie bimbe :-(  
Se non riuscissi a collegarmi auguro a tutti quelli che mi han seguito fin qui un sereno e felice Natale ! 

mercoledì 17 dicembre 2014

stralci di Phoenix...

.....Rientrò alle 22:00, esausta, inciampò in qualcosa prima di riuscire ad accendere la luce, era una bicicletta? Si chiese distrattamente cosa ci facesse in casa, i piatti erano ancora nel lavello dall’ora di colazione e anche il resto dell’abitazione sembrava un disastro. Lei odiava le faccende domestiche, questo era sempre stato motivo di litigio con Dylan, che era il tipo d’uomo che si alzava da tavola e si andava a sdraiare davanti alla TV, chiedendole anche di portargli una birra ghiacciata. Si era chiesta spesso cosa ci facesse con lui, la verità era che era diverso prima, o forse recitava. Parecchio tempo addietro aveva promesso di sposarla, ma non era mai accaduto, Leila non aveva mai insistito, d’altronde anche lei aveva sempre recitato la parte della donna le cui uniche aspettative erano accontentare il suo uomo ed avere una bella casa, un bel giardino e dei bei figli. Ma ben presto aveva capito, a sue spese, che non si può recitare per sempre, i problemi erano arrivati: lei non era la fidanzatina perfetta e lui il fidanzato premuroso, alla fine dei conti non era poi troppo sorpresa che l’avesse tradita, il loro rapporto era un vero disastro. Ora voleva solo andare avanti con la propria vita, certo, prima avrebbe dovuto organizzarsi meglio, pensò gettando uno sguardo disperato a quel gran caos che era la sua casa. ..

domenica 14 dicembre 2014

Jonas. secondo capitolo


Secondo risveglio

Ancora un risveglio, niente dolore stavolta, solo il tepore delle coperte e un amaro in bocca da far venir voglia di sputare. Imprecò mentalmente, ancor prima di aprire gli occhi: quell’odore di disinfettante e il ticchettio dei macchinari del moribondo accanto a sé, gli dissero senz’ombra di dubbio dov’era.
Cercò di issarsi facendo forza sulle mani, ma crollò sul materasso sentendosi un perfetto idiota.
“Infermiera!!” gracchiò, mentre un senso di panico l’attanagliava.
“Il bottoncino sull’anello amico e… smetti di urlare” sussurrò l’uomo accanto a lui.
Guardò l’anello di gomma soffice, poi gettò uno sguardo storto all’uomo. Era un nero di mezza età, occhi gonfi, stretti in piccole fessure, macchie candide sui zigomi ossuti. Non aveva un bell’aspetto, sperò non fosse contagioso. Per un attimo l’immagine di un altro uomo di colore, col capo fracassato poggiato sul suo petto, lo colpì facendolo trasalire.
“Chiudi quella fogna” ribatté scacciando il pensiero. Cliccò sull’anello, ma ugualmente strillò: “Infermiera!”
Un droide arrivò all’istante
Ha bisogno di qualcosa? Come si sente? Tra poco il medico sarà da lei per un ulteriore controllo”
“Fottiti macchina, chiamami un’ infermiera vera prima che ti strappi dal cervello quei quattro circuiti marci!”
Il droide s’immobilizzò, Jonas vide ancora schiarire in modo disgustoso i suoi occhi, poi tornò lucido:
Infermiera Marconi disponibile nel piano, appena contattata, arriverà subito
“Che aspetti, vattene” lo congedò accompagnando la voce con un gesto eloquente della mano.
Poco dopo un donnone in gonnella, palesemente innervosita per la chiamata non prevista, si affacciò alla stanza:
“Cosa abbiamo qui, un signorino che fa i capricci? Cos’è che non poteva chiedere all’unità a disposizione?”
“Devo pisciare” borbottò lui, pensando che quasi quasi sarebbe stato meglio che fosse rimasto quel coso parlante invece che la megera.
“Oh e il suo uccello era troppo prezioso per essere maneggiato da un droide?” disse la donna ironica, mentre pigiando su un pannello nel muro tirò fuori un pappagallo in plastica.
“Avanti, vediamo cosa c’è qui sotto che non abbia visto milioni e milioni di volte” sorrise, e Jonas quasi preferì il broncio di poco prima a quel ghigno da orchessa.
“Faccio da solo, grazie” rispose, trovando finalmente la forza di tirarsi un po’ su.
“Oh, improvvisamente è diventato timido? Vado a fare il mio lavoro e chieda tutto al drone la prossima volta!” uscì borbottando qualcosa, mentre Jonas tentava di convincere la sua vescica ad urinare, mentre il cervello continuava a dare l’ordine di trattenere, che si stava pisciando sotto.
“Detective Jonas” La dottoressa Savini entrò accompagnata dallo stesso drone che aveva cacciato. Scosse il capo pensando a chi fosse venuta la malsana idea di dargli un aspetto così umano.
“La vedo già molto meglio” disse avvicinandosi, con un sorriso genuino.
Si sentì stranamente imbarazzato mentre porgeva il contenitore al droide contenente la sua urina. La dottoressa palpò ai lati del collo, dietro le orecchie. Il tocco delle sue mani risvegliò sopiti desideri, poi si ricordò della sua condizione, del fatto che era menomato ed inutile. Tornò cupo a chiudere gli occhi, mentre la donna lo visitava scrupolosamente.
“Bene, molto bene, George, prego, aggiorniamo la cartella”
Il droide fece un lieve movimento delle dita, come a schioccarle, e davanti a lui si proiettò l’ologramma con analisi e radiografie”
Paziente numero 5977, 37 anni, incidente sul lavoro
Jonas riaprì gli occhi facendosi attento.
Bomba termica. Asportazione della gamba destra nella deflagrazione, gamba sinistra amputata a seguito di necrosi, guarigione completa, pronto per le protesi provvisorie pre-impianto
Strinse il lenzuolo tra le mani, che fossero andati a farsi fottere loro e le gambe di metallo.
Paziente risvegliato dal coma dopo giorni 69
“Sessantanove!!!” gridò senza che ne fosse pienamente consapevole
La bomba ha mandato in tilt il brain chip di raccolta dati, provocando un sanguinamento nell’encefalo. Programmati test,  per la valutazione di eventuali danni, alle ore 10:30, esattamente tra 5 minuti
“Bene George”
“Bene un cazzo, non voglio protesi, non voglio test, ora mi portate a casa, firmerò qualsiasi scartoffia, non voglio cure”
“Mi dispiace detective, ma lei è qui sotto custodia, a causa… ecco, dell’incidente, non può allontanarsi finché non avremo comunicazione dalle autorità”
“Custodia? Che c…” si strappò le lenzuola di dosso, deciso ad andarsene, un attimo dopo una squadra di droni-poliziotto irruppe nella stanza. Afferrarono Jonas per le spalle e quel che rimaneva delle gambe. Il detective ne stese uno, riuscendo a liberare il braccio destro, ma subito altri tre arrivarono a sostituirlo. Quando lo ebbero immobilizzato come un salame notò l’uomo, un poliziotto dai capelli grigi e un sorrisetto ironico che spuntava sotto i baffi fuorimoda.
“Ben svegliato Nathan”
Un dolore lancinante al capo e un flash di quella stessa faccia sconosciuta, che rideva, urlava o gli dava ordini. 
Cosa vuole l'uomo con i baffi?
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sabato 13 dicembre 2014

nuova avventura sul momento di scrivere

Eserciziando! è arrivato il primo lavoro , corretto, commentato e valutato, chi vuole leggerlo? venite a commentare o a postare il vostro! 
http://ilmomentodiscrivere.org/2014/12/12/eserciziando-esercizi-di-scrittura-creativa/

Eserciziando: Scrivete con noi!

1polipoBLU
Eccoci qui con una grossa novità, uno spazio di lavoro collettivo in cui metteremo a disposizione ciò che abbiamo imparato. Perché? Per aiutare chi si accinge ora a scrivere, o semplicemente per esercitarci con chi volesse farlo insieme a noi.
Che aspettate? Dico a voi! Sì, proprio voi, che iniziate a scrivere ora, oppure voi, che non siete mai stanchi di mettervi in gioco, questo è il vostro spazio.
Qui potete scrivere e ricevere riscontri, consigli, opinioni, le nostre ovviamente, e degli altri che leggono. Un momento per far crescere la nostra passione, migliorandoci continuamente.
Come funziona?
Ogni settimana ci sarà un esercizio di scrittura creativa diverso che vi proporremo. Potrà essere una tematica, un genere, una frase su cui scrivere un piccolo brano, oppure sarà… beh lo scoprirete di volta in volta. Dopo che avrete postato l’esercizio riceverete una sorta di Editing con suggerimenti inerenti a grammatica, sintassi e forma, nonché riflessioni ed opinioni sul contenuto. Alla fine riceverete anche una votazione concretizzata in un range da una a cinque stelline. Gli utenti saranno liberi di commentare il lavoro degli altri consigliando modifiche o anche solo esprimendo un parere positivo o negativo. Siete pronti a mettervi in discussione? A ricevere consigli ma anche critiche e tirate d’orecchio? Forza s’inizia.
regolamentoUn’occhiata al regolamento:
I brani non devono essere inferiori alle 500 e superare le 5000 battute, salvo indicazioni diverse per esercizio specifico.
Potete scrivere quel che volete, ma nulla che offenda o superi i limiti della decenza. Non si bestemmia, non si offendono persone, non si fa politica, non s’inneggia alla violenza, sembra ovvio, ma ve lo dico lo stesso.
Siamo qui per crescere, non si risponde in malo modo alle critiche ricevute, d’altra parte chi critica deve farlo nel modo più civile possibile, senza MAI cadere nelle offese (vietate espressioni come: “non sai scrivere o fa schifo” ecc).

Esercizio della settimana:
Questa settimana vi propongo un giochino per rompere il ghiaccio : scrivete un breve racconto che parli del Natale e che contenga i sostantivi : speranza , cittàbocca e asfalto, gli aggettivi: nemicobruttino e l’avverbio improvvisamente.
Genere che volete, massimo 5000 battute.
Le parole richieste devono essere messe in maiuscolo.
Buon divertimento!/2014/12/12/eserciziando-esercizi-di-scrittura-creativa/

venerdì 12 dicembre 2014

Ora voglio leggere questo:


SINTESI

L'incontro con Daisy, una bambina che somiglia come una goccia d'acqua a sua figlia Lucy, e che si è persa all'interno di un supermercato di Londra, sconvolge completamente la vita di Marge.
Com'è possibile che lei sia così simile a sua figlia?
La stessa domanda se la pone anche Alexander, il padre della piccola Daisy che, a causa di una caduta da cavallo, è costretto a vivere su una sedia a rotelle.
Tra i due nasce un'amicizia che, complice il mistero delle due bambine, li riporterà indietro nel passato, senza poter immaginare che, sette anni prima, il destino abbia fatto procedere le loro vite in modo parallelo.
Nessuno di loro due può conoscere il segreto che nasconde Brenda, la donna che Alexander ha sposato in seconde nozze e che lavora come ostetrica in un'ospedale di Londra.
Cercando di venire a capo dell'enigma, Alexander e Marge si ritroveranno a ripercorrere il loro trascorso tra il ricordo di amori traditi e perduti, dove il destino, alla fine, farà in modo di riunire ciò che era designato a rimanere congiunto fin dall'inizio...

Stralci da phoenix... parte 2

PRIGIONIA

Leila non sapeva da quante ore fosse lì, aveva perso la cognizione del tempo e la consapevolezza della sua fisicità. Si sentiva galleggiare nel nulla, in quel buio, silenzioso, mare di gomma nera.
Aprirono la porta e lei fu accecata dalla luce che proveniva dal corridoio, le dissero qualcosa e a lei sembrò strano sentire una voce umana, ringraziò il cielo constatando che non aveva perso l’udito, doveva essere un’altra diavoleria in uso in quella gabbia di matti. Provò uno strano senso di piacere nel contatto umano, anche se con i suoi aguzzini, avrebbe voluto abbracciare la guardia, ma non aveva più le forze per muoversi, la trascinarono letteralmente nella stanza degli interrogatori.
Di nuovo l’uomo con i baffi, sempre lui, iniziava a desiderare la conversazione.
La fece sedere, sembrava molto più gentile, o era il suo desiderio di contatto umano a farlo sembrare tale? Le offrì una tazza di tè caldo, che lei bevve riconoscente. L’uomo iniziò: «Allora mi vuole dire il suo vero nome?»

Leila continuava a tacere.

stralci da Phoenix....

Battibecchi...


«Dritta a casa? Ma ti sei bevuto il cervello? In caso ti fossi scordato quelli ci stanno cercando, credi non abbiano piazzato qualche scagnozzo davanti a casa mia? Appena metterò piede lì dentro mi verranno a prendere in meno di un minuto, non sarò al sicuro finché tutta questa faccenda non sarà conclusa, vengo con te!»
«Devi essere completamente svitata, tu non vieni affatto con me!»
«Oh sì invece!»
«Oh no invece!»
«Si dà il caso che se tu non mi porterai con te io spiattellerò ai quattro venti, se serve anche alla stampa, il tuo nome e cognome, il tuo bel nome in codice e soprattutto dove sei diretto.»
«Non lo faresti!»
«Mettimi alla prova!»

Si fissarono per un lungo istante con odio negli occhi, lei teneva le braccia conserte e si mordeva il labbro inferiore, lui stringeva così forte il bicchiere nella mano che le nocche erano diventate bianche, poi lo sbatté con violenza sul tavolo: «Mondo lebbra! E va bene! Finirai per morire o farmi ammazzare, lo so già, vieni pure, non ne hai ancora abbastanza di questa vita?» non aspettò la risposta, si alzò furioso ed uscì, Leila guardò Greg con un’espressione di trionfo stampata sul viso.

giovedì 11 dicembre 2014

due nuovi acquisti...

I miei ultimi acquisti. Quale iniziare per primo????

Sinossi

La vita di Jordan O'Neill, medico veterinario della contea di Galway, in Irlanda, è segnata dalla morte del marito Philip. Quello che fu archiviato come tragico incidente viene rimesso in discussione alla scoperta, mesi dopo, di una collanina rinvenuta tra gli effetti personali dell'uomo; una collanina che, come sostiene Jordan, non è mai appartenuta a suo marito.
Perché allora fu rinvenuta sul corpo di Philip? Quale mistero si nasconde dietro quell'accessorio apparentemente insignificante?
Per Jordan inizia così una ricerca personale della verità, che la porterà suo malgrado ad affrontare fantasmi del passato e soprattutto a fare i conti con un segreto tenuto nascosto per più di vent'anni. 

Sinossi

''Il paese dei poveri'' è un romanzo di critica sociale, imperniato sul concetto di produttività, nonché una disamina, in un contesto distopico, del concetto dei lager e dei prigionieri.
In un mondo in cui l'economia e la produttività sono tutto ciò che conta, la popolazione è costretta a non essere povera: essere in miseria è un delitto, è rallentare la società, e dunque, per evitarlo, la società, sotto lo schermo dell'indifferenza dei suoi cittadini, interna in grandi istituti, chiamati ''paesi dei poveri'', coloro che vengono ritrovati in strada, nullatenenti e nullafacenti.
In questo lager per barboni si ritroverà il protagonista, costretto a viverne le regole, affini a quelle dei famosi lager di Birkenau e Auschwitz, e a essere così alienato dalla sua stessa condizione di umano, fino alle conseguenze più terribili che possano essere pensate.
In una disamina non solo della condizione di internato, ma anche della società che circonda questi luoghi di detenzione, e con un occhio critico, attraverso la similitudine con il nostro mondo, sempre più dedito all'economia e al guadagno come primo bastione, ci ritroveremo davanti a scenari difficili da sopportare, ritrovandoci, in parte, corresponsabili del dolore dei prigionieri. 

mercoledì 10 dicembre 2014

L'amica dei libri: Phoenix-Operazione Parrot di Francesca Rossini Rec...

L'amica dei libri: Phoenix-Operazione Parrot di Francesca Rossini Rec...: Buon pomeriggio! Oggi vi propongo la recensione di un romanzo ad alto tasso adrenalinico, fatto di spionaggio e suspense! Phoenix-Operazion...

recensione del mio Phoenix

Ragazzi, sono davvero commossa, una splendida recensione del mio romanzo, che mi fa pensare che vale la pena ogni sacrificio, se si riesce a regalare un'emozione almeno ad una sola persona.... :-)

questo il linkhttp://amicadeilibri.blogspot.it/2014/12/phoenix-operazione-parrot-di-francesca.html

e questo qualche stralcio

L’inizio di questo romanzo è sicuramente esplosivo, accattivante, immediato. La caratterizzazione dei personaggi è fulminante. Su due piedi ci troviamo di fronte Clay Hobbs, alias Blu Shadow, super agente della CIA alle prese con la cattura di un uomo, un russo di nome Egor Vinogradov, che già tre anni prima aveva tentato invano di catturare. Il fantasma del nemico lo perseguita e adesso si ritrova a doverlo catturare mentre l’uomo è ricoverato in un ospedale sotto falso nome, per poi consegnarlo al suo capo. 
L’autrice ci descrive Blu Shadow come un’agente che non passa di certo inosservato agli occhi di una donna. Fisico atletico, sguardo magnetico, a volte celato da un paio di lenti a contatto scure per nascondere il verde incalzante degli occhi, determinazione e sicurezza, senza considerare una sensualità innata. Che altro? Stop, please, direbbe qualcuno. 
Il suo personaggio non poteva essere una passeggiata ed ecco che l’autrice lo complica considerevolmente e devo dire intelligentemente, con una personalità carica di lati oscuri, come le esperienze in Vietnam, che gli hanno provocato un disturbo post traumatico da stress, rendendolo vulnerabile, al limite di comportamenti borderline e atti compulsivi che evidenziano spesso una sostanziale e pericolosa perdita di autocontrollo. ...............Fin dalle prime pagine l’atmosfera è carica di adrenalina. Dico subito che non mi aspettavo una storia così roboante, emozionante, capace di farti scalare velocemente le pagine per scoprire cosa succede. I personaggi sono delineati alla perfezione, e questo è un merito che va riconosciuto senz’altro all’autrice, perché non è per niente facile trovare una simile cura e profondità nella narrazione dell’essenza di un attore da romanzo. Grazie al suo stile e alla sua scrittura, mai superficiale o superflua, inquadriamo immediatamente Clay e Leila come un uomo e una donna agli antipodi per personalità e stili di vita, interessi e segreti, ma percepiamo sin da subito aria di scintilla. 
...........Fughe rocambolesche, avventure al limite della fame e della sete, personaggi che non sono quello che sembrano, figli che tradiscono i padri perché non si sentono parte di un mondo di assassini, vendette e sangue. CIA contro KGB vale a dire anime americane contro anime russe ma in fin dei conti, tutte le spie fanno lo stesso lavoro: quello sporco. 
.................Il rapporto tra Leila e Clay è pazzesco. Si amano e si odiano irrimediabilmente. Attraverso la narrazione in terza persona e il punto di vista onnisciente, conosciamo singolarmente i loro pensieri più intimi, ma se dovessimo limitarci a leggere solo quello che si dicono tra di loro, penseremmo che si odiano totalmente. Eppure la loro relazione è burrascosa. Lei pensa che lui sia matto come un cavallo e lui pensa che lei sia fuori di testa. Più chiaro di così? ...................
Leila e Clay sono personaggi molto particolari e controversi. In romanzi come questo, è facile trovare protagonisti stereotipati e io avevo esattamente questo timore quando ho iniziato a leggerlo. Ma posso dire con sicurezza che la bravura dell’autrice nel tessere la trama e arricchirla di protagonisti di spessore e consistenza, mi hanno fatto dimenticare totalmente quella paura, ritrovandomi a riconoscere che la preziosità di questa storia sta proprio nel trovare protagonisti in grado di spazzare via pericolose banalità e clichè, rivestendosi invece di contrasti e contraddizioni che li rendono molto reali e vicini alla vita comune in qualsiasi situazione. 
In altre parole Francesca Rossini è stata in grado di renderli credibili nonostante, come suo romanzo d’esordio, abbia voluto cimentarsi in un genere, come le spy story, che sono altamente rischiose, proprio perché facilmente vittime di stereotipia e convenzionalità. 

“Clay assaporò quel bacio timido, distrattamente, pensando a Vinogradov. Poi però la vicinanza della donna, il suo profumo, la pelle liscia sotto le sue mani catturarono tutta la sua attenzione. La baciò con estrema lentezza, accarezzando le guance con i pollici. Sentì divampare la passione, forse per la prima volta nella sua carriera dimenticò dove fossero e si tuffò in un bacio passionale, lungo ed esigente. Le mani scesero ad accarezzare la schiena di lei, stringendola sempre più forte a sé.” 
L’attrazione tra loro paradossalmente rende più complicate le cose, mettendo seriamente tutti in pericolo. Da due si passa a tre protagonisti di questo amore fatto di gelosia, invidia, rabbia e senso di giustizia, capace di rendere elettrizzante ed incandescente l’atmosfera. Ma quando giunge il momento inevitabile della perdita, tutto sfocia in una terribile follia. Clay e Leila si perderanno e soltanto allora lui capirà di essere profondamente legato a lei, in un modo che non avrebbe mai immaginato. 
La caratterizzazione del personaggio di Clay è quella che mi è piaciuta di più. Un uomo forte, coraggioso, addestrato a superare le più atroci difficoltà eppure fragile in un modo che oserei dire devastante, tragico, senza alcun controllo, quando si tratta di perdere colei a cui è legato. Un uomo estremamente sensibile al fascino spontaneo e naturale ma anche incasinato di Leila, che gli mostra, senza volerlo, cosa significa perdere veramente la testa per qualcuno. Letteralmente. 
Il modo in cui l’autrice lo rende visibilmente provato, spezzato, lo ha reso irresistibile ai miei occhi. E non perché sia bello o sexy ma semplicemente perché è un sopravvissuto pieno di contraddizioni e complicanze, capace di perdere il controllo per amore e capace di tutto per salvarlo. 
Dunque molto spazio ai sentimenti e in un genere narrativo come questo è inusuale, ma il modo in cui lo ha fatto l’autrice, l’ho trovato perfetto. Ho apprezzato i momenti di profonda solitudine e di abbandono di Leila lontana dal suo “cavaliere” e l’intensità con cui lo pensa, ammettendo quello strano ed inconsueto bisogno di lui in perfetta sintonia con i crescenti ed inquieti pensieri di Clay che nello stesso istante non smette di sentire la sua mancanza e di soffocare il desiderio incontrollabile di salvarla, per riportarla da lui. 
Nella sua stravaganza ed inaccessibilità Clay resta il punto focale di questo romanzo che è molte cose insieme e lo è tutte nel modo giusto. Ruoli importanti giocano l’amore e i sentimenti ed è con essi, riuscendo a giostrarli bene con la trama frenetica, che l’autrice dimostra bravura e padronanza. Un romanzo che non lascia indifferenti e che come poche volte mi capita, alla fine della lettura, mi ha lasciata con un sottile senso di soddisfazione. Una sorta di sollievo, di leggerezza. 
Niente male, sì. Proprio niente male.